Interessante convegno tenutosi presso il Museo di Storia Naturale del Mediterraneo, in provincia di Livorno, nella giornata del 14 maggio, sul tema “mobbing nelle Forze dell’Ordine -Analisi e Prevenzione “con la partecipazione di relatori eccellenti.
Si è parlato di mobbing a tutto tondo con particolare attenzione alla nostra professione e ai nostri ambienti di lavoro.
La parola mobbing deriva dal verbo inglese “to mob” (assalire con violenza) ed è stata utilizzata dall’etologo Konrad Lorenz per indicare nel mondo animale la condotta violenta tra individui della stessa specie per escludere un membro dal gruppo. In ambito lavorativo, il termine è stato impiegato per la prima volta dallo psicologo tedesco Heinz Leymann per definire una serie di condotte aggressive e frequenti nei confronti di un lavoratore compiute dal datore di lavoro, superiori o colleghi.
Il mobbing consiste in una serie di condotte aggressive che si ripetono con notevole frequenza in un considerevole periodo di tempo. Fra queste possiamo annoverare il demansionamento o la completa inattività; le frasi ingiuriose e critiche continue e umilianti; l’assegnazione a turni e mansioni penose; l’isolamento dei colleghi; il collocamento in postazioni di lavoro inidonee, (ciò ne consegue o il trasferimento illegittimo o addirittura, costringendo il sottoposto a presentare domanda di trasferimento); la minaccia o l’esercizio illegittimo del potere disciplinare (note caratteristiche); la sottrazione di strumenti di lavoro; il rifiuto delle ferie o la loro sistematica collocazione in periodi non graditi; il rifiuto immotivato della concessione di permessi.
Esistono altresì varie forme di mobbing: il “mobbing” è una situazione di aggressione, esclusione ed emarginazione di un lavoratore posto in essere da un capo nei confronti di un sottoposto (“mobbing” verticale) o dai colleghi (“mobbing” orizzontale), con lo specifico compito di isolarlo e costringerlo alle dimissioni, o ancor peggio.
Il bossing si identifica come un comportamento che, rispetto al mobbing, ha una finalità ben precisa: quella di estromettere il lavoratore, determinando la sua volontà di lasciare il lavoro.
lo straining, si tratta di un’ulteriore ipotesi attenuata di illecito appartenente alla famiglia del mobbing, identificata da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Del 4 Giugno 2019 n. 15159). Questa sentenza riconosce la illegittimità di “comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente, anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie o esse siano limitate nel numero, ma comunque con effetti dannosi rispetto all’interessato. Si tratta quindi di fatti isolati e non sistematici (anche un unico episodio sarebbe sufficiente!) ma che pur sempre arrecano un disagio costante nei confronti del lavoratore.
Ecco perché il sindacato è importante nell’ambito del nostro comparto, per dare voce ma soprattutto ascolto ai colleghi.
Nessuno rimarrà solo
Il Segretario di Sezione
Massimo Salciccioli