Questa è una delle tante storie di ordinaria ingiustizia vissuta ogni giorno dai servitori dello Stato su territorio calabrese.
Accadde un giorno che un comandante di un reparto dei Carabinieri nella locride viene indagato in un procedimento penale militare, in seguito a infamanti accuse da parte di un suo sottoposto mosso da rancore per essere stato punito e trasferito proprio da quel Comandante, “reo” di aver fatto il suo dovere denunciando il militare per azioni censurabili sotto il profilo penale.
Per quel comandante inizia il calvario, trascorrono anni di processi, periodi pieni di ansie e amarezze, profonde delusioni e inquietudini, ma sempre con la schiena dritta, sempre fiducioso nella giustizia, affrontando questa prova affiancato dai legali che hanno prodotto fiumi di atti per provare la sua completa estraneità ai fatti contestati.
Sappiamo tutti che la giustizia ha i suoi tempi, ne è conscio anche quel comandante che ha continuato a svolgere il suo lavoro con dedizione e lealtà verso l’Istituzione che rappresenta.
“Dopo anni è giunta la fine di un viaggio tra l’inferno delle aule giudiziarie militari – si legge in una nota della Segreteria Regionale di NSC Calabria – un racconto omerico dove i militari sono chiamati a lottare contro un sistema giudiziario specifico per reati militari, dove troppo spesso gli imputati vivono un clima ostile, pieno di diffidenza e preconcetti, un luogo che assoggetta moralmente i militari, ai quali viene quasi privato il diritto di sentirsi innocenti fino a prova contraria.”
Il tortuoso percorso di quel comandante si è concluso con un’assoluzione in formula piena per non aver commesso alcuna azione delittuosa, ma non è ancora finita. Il magistrato inquirente,non sentendosi appagato da quella sentenza, la impugna costringendo quel comandante a continuare la lotta, fino a quando un altro organo di giustizia confermerà la sentenza di primo grado.
È finita, è stata stabilita la verità davanti alla legge, nel senso più alto del suo significato.
Ma non era così! C’era ancora un’altra insidia sulla strada di quel comandante di un reparto di un territorio calabrese, difficile, ostile, dove non è solo complicato lavorarci, ma vivere con la propria famiglia.
Secondo l’Arma doveva ancora dimostrare di aver agito nell’interesse dell’Amministrazione, di non aver leso l’immagine della Benemerita e di non aver violato un’altra legge, che non è quella morale o penale per le quali era stato assolto, ma il codice di ordinamento militare che giudica e persegue le condotte disciplinarmente rilevanti.
Le battaglie erano state vinte tutte tranne una, forse la più importante, dimostrare di non aver perso l’onore di militare e di Comandante. Ma questa volta non è più solo. Ad affrontare la commissione disciplinare ha accanto il sindacato, quello vero, quello che non molla mai, quello che si spende ogni giorno, attraverso i suoi dirigenti, per la salvaguardia dei diritti dei carabinieri.
“Ho il dovere di precisare – interviene il segretario regionale Luca Spagnolo che ha difeso il collega nel procedimento disciplinare vinto con successo – che l’Amministrazione militare non aveva l’obbligo di procedere disciplinarmente nei confronti di quel Comandante, ne aveva solo la facoltà dopo aver valutando i fatti e opportunità. Dal risultato è chiaro che non solo ha valutato male, ma ha preferito mettere in moto una macchina burocratica che ha sperperato denaro pubblico e costretto militari ad occuparsi di un inutile procedimento disciplinare adiscapito di ciò che ai cittadini occorre, uomini sul territorio per garantire loro la sicurezza. Quel Comandante ha scelto di essere difeso dai dirigenti della segreteria regionale Calabria del Nuovo Sindacato Carabinieri che hanno saputo convincere la commissione disciplinare presieduta dal Comandante della Legione Calabria, il Gen. Pietro Salsano, del valore di quel carabiniere, uomo e padre chiamato a difendere il proprio onore, nonostante gli fosse stato riconosciuto dall’autorità giudiziaria di aver agito da buon comandante.”
NSC Calabria ha portato a termine il proprio compito, ha messo in campo le competenze maturate nella tutela disciplinare dei colleghi, ponendosi accanto ai carabinieri e difendendoli avvalendosi di professionisti di altissimo livello, come in questo caso lo è stato l’avvocato Maria Concetta Antonica del foro di Roma, che ha supportato i dirigenti di NSC Calabria in questo ennesimo successo.
4 Commenti. Nuovo commento
L’unico commento che si può fare è l’assurdita di quante energie e fondi pubblici vengono spesi inutilmente per farraginosi regolamenti ormai logori e vetusti sicuramente non al passo con i tempi. E poi qualcuno si chiede perché tanti suicidi nelle forze dell’ordine………La frase più azzeccata in questo contesto è che lo stato maltratta chi lo difende e premia e ha più riguardi verso chi lo offende e ne trasgredisce le leggi.
Tutto molto bello…peccato che quando un carabiniere chiede aiuto al sindacato contro un ufficiale si siano tirati tutti indietro. Sempre nella locride (ah dimenticavo tirandosi indietro e vantandosi di aver preso assurdi appuntamenti da professionisti che non esercitavano e dicendo di aver risolto i problemi con una lettera che mi ha fatto spedire alla cmo di Messina) tutto molto bello
Dimostrare di non aver perso l’ Onore militare è stato un grande successo.
Finalmente buone notizie, mai più soli