IL GOVERNO METTE IL BAVAGLIO AI SINDACATI MILITARI

Desideriamo far arrivare questo comunicato alle massime cariche Istituzionali per affrontare un tema importante che riguarda i dipendenti pubblici ovvero i Carabinieri: quello della libertà di parola, sancita dall’articolo 21 della nostra amata Costituzione.

Come dipendenti pubblici, abbiamo il privilegio e la responsabilità di servire la collettività e di agire nell’interesse generale. Ciò richiede un comportamento etico, rispettoso e attento alle norme che regolano il nostro ruolo all’interno della pubblica amministrazione.

Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici rappresenta un insieme di regole e principi volti a garantire la trasparenza, l’integrità e l’imparzialità nella nostra condotta professionale. Queste regole sono fondamentali per mantenere la fiducia dei cittadini nel nostro operato e per assicurare un’efficace e corretta gestione dei servizi pubblici.

Tuttavia, dobbiamo anche riconoscere che la nostra Costituzione, nell’articolo 21, sancisce il diritto fondamentale alla libertà di parola. Questo diritto costituisce una pietra angolare della nostra democrazia, permettendo a ciascuno di esprimere le proprie opinioni e di partecipare attivamente al dibattito pubblico.

La libertà di parola, va però evidenziato, non è assoluta. Certo, essa va esercitata con responsabilità, nel rispetto dei principi di lealtà, imparzialità e buon senso. 

Ciò non significa, quindi, che dobbiamo rinunciare alle nostre opinioni personali o alla partecipazione al dibattito pubblico. Al contrario, siamo cittadini a pieno titolo e abbiamo il diritto di esprimerci, ma è importante farlo in modo consapevole, distinguendo chiaramente tra la nostra posizione personale – ricordiamo che i SINDACATI MILITARI, non dipendono né discendono dalla P.A. – ed il ruolo istituzionale che ricopriamo.

Ma sorge, spontanea, una domanda/considerazione: non sarebbe stato più giusto “colpire” chi si arroga il diritto di giudicare il personale delle FF..OO. in modo illegittimo e privo di qualsiasi conoscenza del lavoro che essi svolgono quotidianamente con impegno e competenza piuttosto che “imbavagliare” proprio i servitori dello Stato che, con la loro critica, magari a volte aspra, possono fornire preziosi spunti di riflessione? …ed ancora: dove finisce il diritto di parola/critica e comincia quello del nocumento? 

La segreteria regionale Lazio

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