A seguito del precedente intervento del Nuovo Sindacato Carabinieri dello scorso 12 giugno in merito alla disposta abrogazione dell’uso della GUS nelle cerimonie matrimoniali e al previsto uso della GUCe, prendiamo atto con parziale soddisfazione la valutazione del Comando Generale relativa a un’ulteriore proroga al 1 gennaio del 2025, come proposto da questa APCSM.
Tuttavia, a seguito del confronto con le nostre articolazioni periferiche e con gli iscritti sul territorio, si intende rappresentare alcune considerazioni rilevanti sulla questione, avanzando ulteriori e opportune richieste di intervento all’Ufficio Relazioni Sindacali del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
Mentre la GUS viene fornita alla Scuola Allievi, senza oneri, ad ogni carabiniere, la GUCe è una divisa che non viene fornita dall’Amministrazione e pertanto il carabiniere che la desidera deve necessariamente procurarsela a sue spese.
Premesso che la divisa può essere confezionata soltanto dai negozi sartoriali autorizzati alla produzione e vendita di articoli militari, e in considerazione che questi negozi fanno parte di un settore così di nicchia tanto da essere pochissimi a livello nazionale e incentrati soprattutto nelle città di Roma, Napoli e comunque dove il business di queste attività commerciali è ovviamente conveniente, pertanto nelle realtà dove sono collocate le strutture addestrative dell’Arma, e in particolare insistono le strutture per la formazione di ufficiali – categoria che di prassi acquista la divisa GUCe – è evidente che anche la produzione di quella divisa, in termini di prove d’abito, diventa logisticamente ed economicamente gravosa per un carabiniere di qualsiasi parte d’Italia.
L’onere economico a carico del carabiniere, pertanto, non riguarda il mero acquisto della divisa come prodotto finito, ma anche tutte le spese di contorno e funzionali all’acquisto della stessa: viaggi per recarsi al negozio per le misure iniziali e viaggi per le varie prove d’abito, che diventano particolarmente assidue ed attente se trattasi di abito per matrimonio.
Premesso che la nuova pubblicazione R-11 prevede per i carabinieri invitati (picchetto d’onore) l’utilizzo della stessa divisa indossata dallo sposo, ecco che lo stesso discorso sopra esposto per quest’ultimo si applica senza indugio anche agli altri carabinieri che, per una lodevole scelta propria dello sposo, si vedono costretti a sostenere le stesse spese e le stesse dinamiche logistiche di viaggi e prove d’abito in giro per l’Italia che sostiene lo sposo.
Il movimento di carabinieri e di denaro per un singolo matrimonio è davvero enorme, a discapito dei carabinieri e delle loro famiglie (non di certo per i pochi negozi autorizzati alla produzione delle GUCe).
Tra l’altro, perché l’Amministrazione dovrebbe voler sopportare essa stessa un dispendio immane di soldi per la produzione di migliaia di GUS da distribuire ad altrettante migliaia di nuovi allievi carabinieri ogni anno, se poi, oltre alla singola unica occasione del Giuramento, questa uniforme di pregio istituzionale e sociale viene inscatolata e dimenticata?
Viene prodotta, distribuita ed esaltata in occasione della cerimonia del Giuramento quale step principale e iniziale della carriera di un carabiniere: altrettanta lodevole esaltazione la conferirebbe a un altrettanto importante step della vita – non istituzionale – del carabiniere, quale è il matrimonio.
Sviscerati gli aspetti logistici ed economici dei singoli carabinieri e delle loro famiglie, bisogna evidenziare gli aspetti puramente morali e sociali di questo drastico cambio di direzione, che cela sicuramente motivazioni importanti ancora non chiaramente esposte, ma che al contempo genera effetti altrettanto importanti che sono invece chiaramente palesi e percepiti dalla società.
La percezione diffusa di questa disposizione, che arriva schietta da parte dei colleghi prossimi al matrimonio e dal confronto con i loro congiunti, è un senso di insoddisfazione, confusione e disaffezione verso l’Arma dei Carabinieri che, perennemente innalzata nella visibilità da peculiarità storiche e tradizionali quali appunto la GUS, oggi arretra a un livello di immagine che la rende non più tradizionalmente identificabile e riconoscibile.
Al contrario, con l’utilizzo della GUCe, il carabiniere – sposo o invitato – diventa anonimo e si uniforma a tutti gli altri rispettabilissimi partecipanti alla cerimonia, con un abito che non rende il giusto riconoscimento al militare, dal quale è anzi distolta l’attenzione.
Sulla scorta di tutto ciò, si potrebbero avanzare svariate proposte di tamponamento della situazione, poco apprezzata dalla collettività: per esempio la possibilità, concessa allo sposo, di indossare almeno la divisa ordinaria e la GUS al picchetto d’onore con lo sposo in GUCe.
Si tratta di iniziative che rimarrebbero comunque insignificanti e non rivendicherebbero opportunamente le osservazioni materiali sopra esposte e gli ideali morali e istituzionali di carabinieri, congiunti e società.
Ecco perché la richiesta del Nuovo Sindacato Carabinieri è quella di valutare l’annullamento della disposizione trascritta nella circolare n. 733/281-7-2008 Add. e Reg. del C.G. e seguenti, e nella nuova Pubblicazione R-11, congiuntamente al ripristino delle precedenti modalità di vestizione nell’ambito dei matrimoni dei carabinieri, che devono vestire la GUS con il dovuto rispetto e decoro e pur sempre a fronte della prevista autorizzazione dell’Amministrazione.
Irene Carpanese Segretario Nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri
Santino Piazza Segretario Nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri
Filippo Zisa Segretario Generale Provinciale di Agrigento del Nuovo Sindacato Carabinieri