Documento unitario delle segreterie regionali NSC

La Sentenza della Consulta 120/18 rappresenta un confine tra la supremazia speciale imposta dall’art. 1475, secondo comma del d.lgs 66/2010 –codice dell’ordinamento militare- e la modernizzazione del mondo militare. Purtroppo, nell’impianto complessivo non aver previsto un accompagnamento agli aspetti emotivi meno inclini all’innovazione ha prodotto un clima di smarrimento e confusione scaturito nella legge la 46/2022, che è opportuno evidenziare, non rappresenta il lavoro di un processo democratico culturale e spontaneo bensì, un effetto della sentenza di cui tenta a condizionarne l’innovazione democratica.
Chi conosce le dinamiche sindacali e soprattutto l’approccio che la politica riserva alle stesse, poca speranza era stata riposta anche nelle eloquenti parole del Ministro Crosetto, difatti ad oggi delle varie promesse si registra esclusivamente un ennesimo posticipo di un riconoscimento che la Corte Costituzionale ha già stabilito nel 2018, quindi 5 anni fa.
Purtroppo l’innovazione comporta la paura dell’incertezza e della perdita di controllo e quindi innesca l’effetto ambiguità che non a caso, – leggendo una bozza di un “Atto di Governo sottoposto a parere Parlamentare” che attualmente gira sui social – si manifesta in tripudi di felicità al pari dei capponi di Renzo nei Promessi Sposi, che si beccavano tra loro non sapendo di essere destinati tutti alla stessa sorte. Il motivo di tanta esultanza la sostituzione delle parole rappresentanza militare in Associazioni Professionali a Carattere Sindacale Militare.
Naturalmente ci dissociamo da tale illusione, convinti che non esiste un nemico da combattere ma solo la necessaria consapevolezza di comprendere la funzione dei ruoli; la rappresentanza militare, che formula esclusivamente pareri interni, non può essere intesa come elemento di disturbo rispetto al ritardo politico e amministrativo. Sul fatto si era interessato anche il Comitato Europeo dei Diritti Sociali che, agli inizi del 2022 aveva richiamato il Governo Italiano contestando tre gravi violazioni alla Carta Sociale Europea. Così, nel mentre alcuni gridano vittorie su nemici del passato, noi cerchiamo di valutare i fatti reali e difatti tra le varie restrizioni riteniamo, oltremodo invasivo all’indipendenza sindacale, la decisione di sostituire “temporaneamente” -con gli opportuni limiti-, i permessi e distacchi sindacali con la licenza straordinaria (comunque computabile nei 45 gg), artificio questo ultimo, che pare ideato per rattoppare il buco derivante dall’inottemperanza a compiere le giuste e rispettose azioni a seguito della decisione della Corte Costituzionale.
Potrebbe sembrare inverosimile, ma queste “peripezie” tecnico-giuridiche invece che ricercare un consolidamento del processo, appaiono più come espedienti volti alla preoccupazione di doversi confrontare con opinioni diverse. Il timore dell’incertezza cede al conformismo conservatore che si uniforma a regole storiche, metaforicamente conosciute nel mondo militare del “si è sempre fatto così” e questo comporta, come in una forma di autodifesa, ad allontanare quanto più possibile il confronto o almeno, di limitarlo fortemente.
Sul punto interviene l’attualità del processo che, appare opportuno ribadire come la compressione della libertà associativa, se non giustificata quale necessaria alla tutela della sicurezza dello Stato, è da ritenersi inutile e quindi lesiva dell’art. 11 della Cedu, così come accade con l’atteggiamento negativo posto nei confronti delle APCSM riguardo ad una serie di giuste e riconosciute richieste che sicuramente rispettano i principi democratici della nostra Costituzione.
È il caso della mancata disponibilità di specifici spazi per poter affiggere materiale informativo di interesse sindacale che, ovviato con il volantinaggio elettronico, è stato anch’esso debellato con un ulteriore e maldestro tentativo ostruzionistico da parte del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri con una circolare che richiamava ad un utilizzo rispettoso delle email dominio @carabinieri.it, giustificando come rischio possibile l’eventualità di “intasare” le caselle di posta elettronica. Effettivamente non si riesce a comprendere la pericolosità nei confronti della lealtà costituzionale riguardo la negazione di pubblicità delle attività sindacali, se non intenderla come l’ennesimo ed inutile conato di oscurare l’esistenza delle stesse APCSM.
Una saggia decisione logica consisterebbe nel coadiuvare in forma positiva il processo, comprendendo che le APCSM non sono un cambiamento ma esclusivamente un mezzo per creare un ambiente basato sulla condivisione di idee e rispetto. In tale ottica è facile intuire che un ambiente in cui i militari hanno la libertà di esprimere il proprio pensiero basato sull’esperienza saranno poi più propensi ad offrire le proprie capacità professionali, sempre rispettando il ruolo e le peculiarità della propria amministrazione.
Fortunatamente l’Organismo Europeo, che vanta un’esperienza giuridica globale nell’approccio del mondo militare a quello sindacale, ha un orientamento diametralmente opposto ed è notizia attuale di un’iniziativa giudiziaria intrapresa da altra APCSM, a cui vanno i nostri complimenti, che ha visto riconoscersi dal CEDS l’ammissibilità di un importante ricorso. Nello specifico, l’elemento fondante è basato sulla tesi dello stesso Organismo Europeo che, ribaltando la tesi del Governo Italiano, ha riconosciuto l’APCSM come Sindacato autorizzato a presentare un Reclamo in sede europea nell’interesse dei suoi associati.
Un importante ulteriore passo, quello compiuto dalla CEDU che stimola a proseguire sul percorso intrapreso volto al riconoscimento di quei diritti fondamentali, mai contrari al perseguimento della sicurezza pubblica, che possano permettere una libera e costruttiva libertà sindacale.
Del resto le parole del premier così come quelle del Ministro della Difesa sono sempre state lusinghiere anche nei confronti di chi, in uniforme pone in modo incondizionato il suo impegno e la sua professionalità al servizio della gente, un ruolo compreso e proclamato nei comizi come centrale in uno Stato libero, democratico e moderno qual è l’Italia, elogi che svaniscono quando gli stessi però, chiedono la tutela dei loro diritti, costringendoli invece a continui contenziosi.
Lungi dal voler entrare in campi non attinenti a quello sindacale, ma la volontà di imporre una limitata indipendenza è chiara perché si percepisce:
un potenziale conflitto di interessi nel sapere che gli stessi Ministeri detentori dell’autorizzazione ad operare delle APCSM, possano anche decidere per la loro decadenza;
una chiara intrusione di controllo nel decidere durate delle cariche e possibilità di rielezione;
una svalutazione del ruolo sindacale escludendolo dalle materie di contrattazione dei criteri per l’articolazione dell’orario di lavoro obbligatorio giornaliero e settimanale nonché dei turni di servizio, degli strumenti per l’efficienza del servizio e dell’aggiornamento professionale;
Insomma, evitando di aggiungere le ulteriori storture è stata concessa la possibilità di costituire le APCSM ma di fatto, poco è al momento riconosciuto per svolgere la vera attività sindacale a tutela degli interessi del personale militare.

Queste segreterie regionali, in assoluta sintonia e consapevoli dello specifico servizio cui i propri iscritti sono chiamati ad operare, sempre distinguendo l’attività lavorativa professionale da quella sindacale, si impegnano, anche interessando le altre APCSM che condividono il pensiero, a sensibilizzare il personale iscritto sulle importanti limitazioni imposte da una legge nata per tutelare i propri diritti ed, in mancanza di atti concreti, la riserva sarà quella di attivare le opportune procedure per la tutela della democrazia e dei valori costituzionali, a cui si ispirano anche gli attuali sindacalisti militari.

 

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