di Ilario Castello – Segretario Nazionale NSC
Sulla stampa leggiamo spesso di atti o azioni speciali, eccezionali, che spiccano rispetto al lavoro ordinario del carabiniere, per la rilevanza sociale ed umana che assumono agli occhi della collettività. La mediaticità di queste gesta che entrano anche nel vivo della cronaca, oltre a trasmettere professionalità e sicurezza alla comunità, porta inevitabilmente prestigio all’Arma dei Carabinieri. Pertanto, se un’azione fa bene al cuore del cittadino, fa bene all’immagine dell’Arma, e fa bene sicuramente anche al carabiniere che l’ha compiuta e ai colleghi che lo circondano, perché non darne atto concretamente attraverso la concessione di encomi ed elogi? Lo stesso Comando Generale valorizza l’attività premiale, definendola tra le più significative espressioni dell’azione di comando, andando ad incidere sulla gratificazione morale e sulle motivazioni dei militari e comportando significativi riflessi sulla documentazione del personale. Difatti, oltre all’aspetto puramente morale, l’attività premiale è significativa anche per la carriera del militare: avanzamenti, concorsi, trasferimenti e specializzazioni.
Partendo dal presupposto che è il Comando Generale stesso a porre particolare importanza sulla questione – almeno nella teoria – è evidente che l’applicazione pratica dell’attività premiale sia difettosa alla base. Pertanto – riferisce Ilario Castello – anche sull’esempio delle battaglie sindacali della Polizia di Stato, che proprio l’anno scorso hanno portato alla ribalta, con successo, la stessa problematica, la richiesta che NSC rivolge al Comando Generale, considerando l’importanza che esso stesso pone sulla questione, è quella di sensibilizzare i Comandi di tutti i livelli alle giuste valutazioni e alle conseguenti giuste ricompense, nel rispetto della trasparenza e dell’equità.