“Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia sparirà come un incubo”.
È con questa frase del giudice Paolo Borsellino che inizia la mia riflessione: con un suo insegnamento importante, ossia quello di sradicare dalle coscienze i concetti di omertà e complicità. L’insegnamento ad alzare la testa, a non cedere, a non cadere a compromessi, negando il consenso alla mafia. Solo così potremo davvero mettere fine ai soprusi, alla prepotenza di chi si sente al di sopra della legge.
Noi Carabinieri siamo le sentinelle di questo insegnamento e siamo chiamati quotidianamente a mantenere testa alta e schiena dritta dinanzi al crimine, perché i sacrifici di uomini come Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, le loro scorte, gente comune, religiosi, giornalisti che hanno perso la vita per affermare il senso di legalità, non sia mai vanificato dall’indifferenza che caratterizza la società attuale.
Abbiamo un compito educativo importante: trasmettere questo messaggio alle nuove generazioni che spesso emulano cattivi insegnamenti appresi dal mondo social o dalle serie Tv che hanno costruito il loro impero di successo su storie di mafia, camorra e ‘ndrangheta, facendo divenire quasi dei miti i loro protagonisti.
Il cambiamento deve essere radicato in tutto il circuito culturale, dalla letteratura, all’industria cinematografica: raccontate le storie di chi ha speso la vita per il Paese, di chi ha pagato con il sangue la lotta ai soprusi e alla criminalità.
Occorre insegnare il rispetto nei confronti di chi veste l’uniforme e rappresenta quella parte dello Stato che senza indugio, giorno dopo giorno, scende in strada per la tutela di tutti i cittadini.
Non parlo di rispetto solo da parte dei nuovi giovani, ma di rispetto a 360°: dalle istituzioni del Paese con maggiore attenzione alle criticità e problematiche che vessano l’apparato della sicurezza; ai nostri vertici affinché affinino doti empatiche e considerazione verso i propri uomini e donne in divisa; ai nostri legislatori affinché riconoscano i diritti di chi veste l’uniforme.
Noi sindacalisti vigiliamo e vigileremo sempre su questo. Perché i compiti che ci sono stati lasciati da chi non c’è più, vogliamo portarli avanti al meglio e per farlo abbiamo bisogno di non essere bistrattati. Perché noi siamo come loro, come Eddie, come Claudio, come Emanuela, come Vincenzo e come tanti altri che ci hanno lasciato: crediamo davvero in ciò che facciamo.
Massimiliano Zetti, Segretario Generale Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC)