«Se le indagini dovessero confermare quanto emerso negli ambiti dell’inchiesta Propaggine, circa la scalata delle ndrine anche negli appalti per il servizio mensa nelle caserme, sarebbe davvero sconcertante sapere che la Ndrangheta prepara il pasto caldo per i carabinieri che quotidianamente combattono il crimine. Al di là di ciò, è già da tempo che il Nuovo Sindacato Carabinieri preme per un ritorno alle origini, chiedendo di riaffidare il servizio mense al personale militare qualificato».
Lo fa sapere Giuseppe Siliberto, Segretario Nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC).
«Il pasto di un carabiniere – spiega Siliberto – costa poco più di 5 euro e comprendiamo bene che con quella cifra, dalla quale deve anche guadagnare la ditta appaltatrice che deve pagare operai e coprire i costi delle materie prime, non ci si può aspettare un pasto dignitoso. Se poi ci aggiungiamo notizie di cronaca come quella appresa dalla stampa circa l’infiltrazione della Ndrangheta nelle mense, allora non possiamo più salvare nulla. Non comprendo perché l’Arma debba avere questo tipo di problema che può essere facilmente bypassato facendo gestire le mense agli stessi carabinieri, come avviene al 5 reggimento Emilia Romagna, al 9 Battaglione Sardegna e presso il 10 reggimento Campania dove i militari gestiscono in maniera impeccabile la mensa senza segnalazioni di anomalie, a differenza di quanto avviene presso altre caserme sparse in Italia, dove i militari segnalano di continuo un pasto scarso. L’Arma – conclude Siliberto – specializza già da tempo cuochi e aiuti cuochi e, pertanto, non sarebbe così complesso espandere tale gestione in modo da evitare in futuro infiltrazioni mafiose in casa nostra».