Sapevamo benissimo che non sarebbe stato facile costruire una rete di solidarietà per proteggere realmente ed efficacemente i diritti di Noi Carabinieri.
Stiamo combattendo dal 2018, da quando la sentenza 120 della Corte Costituzionale ha fatto capire che non poteva continuare ad esistere per molti Cittadini Italiani, sebbene con le stellette, l’ipotesi di non godere degli stessi diritti dei loro Concittadini, che non potessero associarsi e difendersi dalla pressione gerarchica che una parte del micromondo militare portava avanti mascherandola sotto la scusa del dovere, della militarità, della specificità, ingannando anche la politica sulla loro idea che la battaglia fosse per i doveri (valore che nessuno può insegnare a qualsiasi Carabiniere, a qualsiasi Italiano militare che giura sulla Costituzione la sua fedeltà a servire il Popolo, e non le gerarchie).
Invece la lotta che stiamo facendo noi del Nuovo Sindacato Carabinieri è esclusivamente sui diritti, sul poter curare la sicurezza dei Militari, su come proteggere i diritti di ognuno di quegli Italiani che ogni giorno scendono nelle strade per consentire e difendere i diritti di Tutti. Una lotta che ci trova quasi soli, nel silenzio delle altre sigle oscurate dal pensiero doppiocappellista, dalla loro confusione su cosa sia sindacato, dall’inganno che continuano ad alimentare verso i Colleghi rimanendo contemporaneamente nella rappresentanza militare, che è l’opposto del fare sindacato, ma che fa tanto comodo ad esigenze personalistiche che nulla hanno a che vedere con il benessere di tutti. Basterebbe leggere e comprendere cosa dice l’articolo 17 dello Statuto dei Lavoratori, che non possono esistere rappresentanze dei lavoratori pagate dal datore di lavoro, dal padrone del vapore.
Sapevamo che questa nostra attività sindacale, entrare nelle caserme, parlare con i dirigenti e con i Carabinieri, produrre documenti con criticità e soluzioni, denunciare comportamenti contro-legge di pochi (per fortuna) Comandanti, a molti dà fastidio.
Come sapevamo che sarebbero stati usati procedimenti disciplinari, denunce alle procure militari, circa le azioni privatistiche in qualità di dirigenti sindacali del Nuovo Sindacato Carabinieri. E cosa c’entra la persecuzione con strumenti militari sulla vita civile e privata? Era nel conto, lo sapevamo, sono anche nella storia accertata e documentata della nascita dei sindacati della Polizia di Stato.
La chiusura del Comando Generale era quasi aspettata (anche se il processo iniziale nei rapporti era stato instaurato sui giusti binari), nonostante i messaggi sul senso di appartenenza, sullo stile militare, sul bisogno delle decisioni partecipate, sulla famosa casa di vetro. Parole, disposizioni, che cozzano fragorosamente quando poi vengono messe in azione processi che tentano di bloccare il processo di sindacalizzazione, di trasparenza vera, della necessità della meritocrazia, contro le vessazioni discrezionali. Lo sapevamo.
Siamo sempre stati perfettamente consci che sarebbe stato un lungo cammino, che ci sarebbero stati ostacoli frapposti da chi vuole continuare a proteggere un sistema, anche con la scusa, disonesta intellettualmente, di eventuali problemi sulla azione di comando. Fa sorridere amaramente, perché è proprio l’azione terza e indipendente di un sindacato vero, che aiuta questa azione a non commettere errori che vanno contro i diritti e la sicurezza dei Carabinieri.
Sappiamo benissimo che non può essere una unica persona che blocca le relazioni sindacali nell’Arma dei Carabinieri. Come sappiamo benissimo che non esistono casualità nella nostra struttura dirigenziale, tutto ha un perché, motivato dalla filosofia che permea le menti di chi pensa di gestire processi decisionali, che invadono anche la sfera privata di tutti Noi, senza utilizzare quella partecipazione che chiede a tutti. Non è una contraddizione rumorosa?
Tutti zitti, anche chi non appartiene a questo pensiero, tutti complici con la loro inazione. Eppure proprio nel codice di ordinamento militare è ben dipinta la figura del comandante, i suoi doveri, le sue responsabilità. Abbiamo incontrato (e continuiamo a incontrare) tanti Comandanti, ai quali abbiamo portato le sensazioni (che sconoscevano) delle Persone sotto la loro supervisione. Ci ascoltano con il giusto interesse, comprendendo l’utilità di avere di fronte a loro una parte sociale terza, critica ma costruttiva, che porta istanze reali, che interessano tutti, proprio per combattere le discrezionalità soggettive. Chiedono di continuare a farlo, di aiutarli nella loro funzione, intelligentemente. Ma devono farlo di nascosto, chiedono a Noi di non dirlo, pensate un po’. Bisogna tenere nascosto il fatto che vogliono fare i Comandanti ascoltando i propri Collaboratori, ascoltando la realtà delle strade, le esigenze delle Comunità. Devono farlo di nascosto. Nel ventunesimo secolo.
Chiedo, Chiediamo, in questa lettera aperta a chiunque voglia leggerla, se sia normale che esistano ancora queste filosofie opprimenti e oscurantiste, se non ci sia un modo più intelligente e attuale di affrontare una rivoluzione culturale quale quella dei sindacati nel mondo militare. Ma davvero si può continuare a pensare di continuare a non applicare quanto stabilito da una sentenza della Corte Costituzionale già da quattro anni, dal Ministero della Difesa, scrivendo disposizioni interne che vanno in loro opposizione? Ma davvero pensate che Carabinieri che scendono in strada tutti i giorni ad affrontare qualsiasi situazione per difendere i diritti e la sicurezza degli altri Italiani, abbiano paura di difendere i propri diritti? Ma davvero pensate che i Carabinieri, i Militari di qualsiasi Forza e Corpo armato, pensino che tutto questo sia normale e accettabile?
Le novità e il progresso vanno accompagnati. L’articolo 39 della Costituzione vale per tutti.
Noi del Nuovo Sindacato Carabinieri non ci fermeremo, lo dobbiamo a Noi stessi e a tutti i Colleghi, Fratelli Carabinieri, che però possono scegliere e aiutare questo processo. A meno che non credano ad altri che professano che bisogna stare zitti e buoni, aspettando che cada qualche briciola dal tavolo.
Roberto Di Stefano
#ilsindacatodelcarabiniere